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TRIBUNALE DI MILANO: IL MINISTERO DELLA SALUTE DEVE RISARCIRE

15.10.2013 19:00

Contrae l'epatite a seguito di una trasfusione di sangue. Condannato il Ministero della Salute a risarcire 500.000 euro.

E' di pochi giorni fà la notizia della condanna del Ministero della Salute al pagamento del maxi risarcimento di mezzo milione di euro in favore di G.L., il quale ha contratto il virus dell'epatite durante una trasfusione di sangue nel 1987 presso l'ospedale Niguarda di Milano.

Il Giudice Giovanna Gentile, della decima sezione del Tribunale civile, ha ribadito e dato applicazione al principio in base al quale nei casi di contagi per trasfusione di sangue infetto la responsabilità è da attribuirsi al Ministero della Salute, condannando lo stesso al risarcimento del danno e alla rifusione delle spese legali sostenute.

CORTE DI STRASBURGO: L'INDENNIZZO EX LEGE 210/1992 DEVE ESSERE RIVALUTATO

03.10.2013 15:30

La Corte di Strasburgo ha condannato l'Italia a rivalutare annualmente l'intero importo dell'indennizzo di cui alla legge 210/1992 dovuto a coloro che sono stati contagiati in seguito a trasfusioni di sangue ed emoderivati.

La Corte europea dei diritti umani, esaminando il ricorso di 162 cittadini italiani, ha stabilito che l'Italia dovrà versare l'indennità integrativa speciale a tutti coloro che abbiano subito il contagio da HIV, epatite B o C in conseguenza di una emotrasfusione o della somministrazione dei derivati del sangue.

La questione non è nuova.

La legge n. 210 del 1992 e successive modificazioni prevede un indennizzo rivalutato annualmente sulla base del tasso d'inflazione programmato. La medesima legge prevede, poi, che questo sia integrato dall'indennità integrativa speciale. Nulla, però, dispone a proposito della rivalutazione di questa componente integrativa dell'indennizzo.

Sul punto è intervenuta più volte ed in maniera contrastante la giurisprudenza della Corte Suprema di Cassazione. Un primo orientamento[ci si riferisce alle sentenze n. 18109 del 27/08/2007; n. 15894 del 28/07/2005]ha ritenuto andasse rivalutato non solo l'indennizzo in senso stretto, ma anche l'indennità integrativa speciale.

Un secondo orientamento più recente[ci si riferisce alle sentenze n. 22112 del 19/10/2009; n. 21703 del 13/10/2009] invece si è determinato nel senso di riconoscere la rivalutazione annuale solo al primo indennizzo e non alla sua componente integrativa.

In questo clima è intervenuto il legislatore statale attraverso il d.l. n. 78 del 2010. Tale decreto ha chiarito e disposto che la somma corrispondente all'importo dell'indennità integrativa speciale non vada rivalutata secondo il tasso d'inflazione annuale programmato.

Della vicenda se ne è occupata, a distanza di poco più di un anno, la Corte Costituzionale con la sentenza n. 293 del 2011.

In questa occasione, il Giudice delle Leggi ha dichiarato l'illegittimità costituzionali delle disposizioni statali che hanno negato la rivalutazione annuale dell'emolumento integrativo speciale.

In ultimo è giunta la sentenza della Corte di Strasburgo la quale ha censurato il decreto legge n. 78 del 2010 col quale, secondo i giudici, lo Stato ha voluto solo garantirsi un vantaggio economico nei processi intentati dai ricorrenti contro il mancato pagamento della rivalutazione dell'indennità. 

La Corte ha quindi invitato lo Stato italiano a stabilire, entro sei mesi dalla data in cui la decisione diventerà definitiva, un termine entro il quale si impegnerà a corrispondere in favore di ciascun ricorrente la somma corrispondente all'indennità integrativa speciale rivalutata.

Un ulteriore aiuto per coloro che intendono far valere i proprio diritti.

RENDITA IN FAVORE DEI SUPERSTITI DI LAVORATORE MORTO PER EMOTRASFUSIONI INFETTE:RICONOSCIUTO NESSO DI CAUSALITA' TRA INFORTUNIO IN ITINERE E MORTE

08.05.2013 19:40

RENDITA IN FAVORE DEI SUPERSTITI DI LAVORATORE MORTO PER  EMOTRASFUSIONI INFETTE:RICONOSCIUTO NESSO DI CAUSALITA' TRA INFORTUNIO IN ITINERE E MORTE

A seguito di infortunio in itinere il lavoratore era stato sottoposto ad emotrasfusioni rivelatesi infette: contagiato dall'HCV era morto.

I superstiti chiedevano all'I.N.A.I.L. il riconoscimento del diritto a percepire la rendita.

La Corte di Cassazione Sezione Lavoro, con la sentenza n. 10565/2013 del 07/05/2013, conferma il diritto dei superstiti  a percepire la rendita di cui all'art. 85 T.U. n. 1124/65.

I Giudici hanno così deciso in quanto hanno ritenuto certo e documentalmente comprovato che le emotrasfusioni si erano rese indispensabili a causa della necessità di trattamento chirurgico delle fratture subite dal lavoratore nell'infortunio in itinere e, dunque, in diretta dipendenza causale dall'infortunio.

In materia di infortuni sul lavoro e malattie professionali la Suprema Corte ha infatti ribadito che trova diretta applicazione la regola contenuta nell'art. 41 codice penale, per cui il rapporto causale tra evento e danno è governato dal principio dell'equivalenza delle condizioni, in forza del quale va riconosciuta l'efficienza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito, anche in maniera indiretta e remota, alla produzione dell'evento. La Corte ha poi aggiunto che le emotrasfusioni determinanti l'infezione da HCV, che avevano causato la morte del lavoratore, rappresentavano un fattore che non aveva interrotto il nesso causale tra l'infortunio in itinere e la morte. Pertanto, l'epatite, contratta a causa delle emotrasfusioni, non poteva che essere dipesa, dall'infortunio stesso.

I Giudici della Corte si sono così conformati ad una recente pronuncia della Corte di Cassazione (sentenza 13361/2011) relativa a fattispecie analoga alla presente, ove si era riconosciuta la riconducibilità all'attività lavorativa della malattia contratta per complicanze insorte dalla vaccinazione contro l'epatite B, atteso che la necessità di questo intervento sanitario -nonché dei successivi richiami - era conseguente a un infortunio sul lavoro.

SE IL MACCHINARIO PER EMODIALISI È CONTAMINATO IL SOGGETTO INFETTATO HA DIRITTO ALL'INDENNIZZO PREVISTO DALLA LEGGE 210/1992

17.04.2013 17:00

SE IL MACCHINARIO PER EMODIALISI È CONTAMINATO IL SOGGETTO INFETTATO HA DIRITTO ALL'INDENNIZZO PREVISTO DALLA LEGGE 210/1992

La recentissima sentenza della Corte di Cassazione, n. 9148 del 16 Aprile 2013, ha stabilito che i benefici previsti dalla legge 210/1992 debbano essere estesi ai soggetti affetti da epatite a causa di emodialisi.

I Giudici della Suprema Corte hanno riconosciuto il diritto a percepire l'indennizzo previsto dalla legge 210/1992 ad un soggetto affetto da insufficienza renale cronica sottoposto a dialisi che durante la terapia aveva contratto l'epatite B.

Significativa la sentenza della Cassazione che va a modificare la giurisprudenza precedentemente creatasi sul punto la quale stabiliva che in caso di infezione contratta a causa di insufficiente pulizia del macchinario utilizzato per emodialisi dalle sostanze ematiche lasciate da altro paziente, spettava al soggetto contagiato unicamente il risarcimento da parte della struttura ospedaliera che aveva effettuato la terapia.

Nella recente sentenza, i Giudici della Corte di Cassazione hanno stabilito che l'indennizzo previsto dalla legge 210/1992 comprende anche l'ipotesi in cui il contagio sia derivato dalla contaminazione del sangue proprio del contagiato durante un'operazione di emodialisi, a causa di una insufficiente pulizia della macchina per emodialisi

ULTERIORE BENEFICIO PER I SOGGETTI DANNEGGIATI DA VACCINAZIONI OBBLIGATORIE

02.08.2012 21:02

L’ordinamento, in favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, oltre ai benefici previsti dall’art. 1, comma I, della Legge 210/92, ha predisposto la tutela prevista dalla Legge n. 229 del 29 ottobre 2005.

L'art. 1 della legge stabilisce che ai predetti soggetti " ... è riconosciuto, in relazione alla categoria già loro assegnata dalla competente commissione medico ospedaliera ...un ulteriore indennizzo. Tale ulteriore indennizzo consiste in un assegno mensile vitalizio ... rimane fermo il diritto al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale derivante da fatto illecito ...".

L’art. 3 della medesima legge prevede che " I soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie che usufruiscono dei benefici di cui alla L. 25/02/1992 n. 210, aventi in corso contenziosi giudiziali, ai sensi della medesima legge, in qualsiasi stato e grado del giudizio, ivi compresa la fase esecutiva, i quali intendono accedere ai benefici previsti dalla presente legge, debbono rinunciare con atto formale alla prosecuzione del giudizio ...".

Infine, l'art. 4 della legge 229/2005 stabilisce che " ... è ulteriormente riconosciuto il beneficio di un assegno una tantum, il cui ammontare è determinato dalla commissione di cui all'art. 2, sino alla misura massima di dieci annualità dell'indennizzo di cui al medesimo comma 1 dell'art. 1 ...".

La domanda per ottenere i predetti benefici può essere presentata anche dai congiunti che abbiano prestato assistenza prevalente e continuativa al danneggiato.

Il Decreto Ministeriale del 21 ottobre 2009, ha integrato la normativa relativa ai benefici cui hanno diritto le persone danneggiate  dalle vaccinazioni: sono infatti stati individuati i criteri necessari alla formazione delle graduatorie utili alla corresponsione di detti benefici.

RICORSO AVVERSO LA DECISIONE DELLA COMMISSIONE MEDICO OSPEDALIERA

02.08.2012 21:00

La Legge 210/1992 indica la Commissione Medica Ospedaliera quale organo incaricato di valutare la sussistenza dei presupposti necessari all’ottenimento dei benefici.

A tal fine la C.M.O. verifica le seguenti circostanze:

  1. accertare la sussistenza del nesso di causalità tra le infermità o le lesioni o la morte del richiedente e la vaccinazione, la trasfusione, la somministrazione di emoderivati, il contatto con il sangue e derivati in occasione di attività di servizio;
  2. redigere un verbale degli accertamenti medici eseguiti e formulare il giudizio diagnostico sulle infermità e sulle lesioni riscontrate;
  3. esprimere il giudizio di classificazione delle lesioni e delle infermità secondo la tabella A annessa al testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 915/1978, come sostituito dalla tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 834/1981;
  4. esprimere parere sulla tempestività della presentazione della domanda da parte del danneggiato.

Nel caso in cui la C.M.O. esprima parere negativo circa la sussistenza dei presupposti necessari all’erogazione dei benefici, il soggetto danneggiato può presentare, avverso detto giudizio, ricorso amministrativo al Ministero della Salute (art. 5 Legge 210/92).

Il ricorso deve essere inoltrato al Ministero entro il termine perentorio di trenta giorni dalla notifica del giudizio della C.M.O. o dalla piena conoscenza dello stesso.

Entro tre mesi dalla presentazione del ricorso il Ministero deve esprimere il proprio parere.

Ricevuto il ricorso, l’ufficio competente provvede all’istruttoria ed alla verifica della tempestività dello stesso, eseguiti  gli accertamenti preliminari il ricorso viene inoltrato all’ufficio medico-legale che riesamina il giudizio espresso dalla Commissione Medica Ospedaliera, sentito l’ufficio medico-legale il Ministero emette decreto ministeriale a firma del sottosegretario di stato ed entro trenta giorni provvede alla notifica dello stesso all’interessato.

Entro un anno dalla comunicazione della decisione sul ricorso, o, in difetto, dalla scadenza del termine previsto per la comunicazione, è facoltà del ricorrente presentare ricorso avverso il decreto ministeriale dinanzi al giudice ordinario competente.

ESENZIONE PARTECIPAZIONE SPESA SANITARIA

02.08.2012 20:59

La Legge 210/1992 prevede, in favore delle categorie di danneggiati che rientrano nell’art. 1, l’esenzione, solo dopo il riconoscimento del diritto all’indennizzo, della partecipazione alla spesa sanitaria e dal pagamento della quota fissa per ricetta, limitatamente alle spese sanitarie correlate alla patologia riconosciuta dalla stessa legge (nello specifico per la diagnosi e la cura della patologia), previa presentazione all’ufficio esenzioni dell’ASL territorialmente competente del verbale che conferma l’avvenuto riconoscimento.

I malati non sono soli ed hanno il dovere, anche nei confronti di loro stessi, di conoscere i diritti di cui possono godere ed ogni sostegno che lo Stato mette loro a disposizione per condurre una vita il più dignitosa possibile.

DOPPIA PATOLOGIA

02.08.2012 20:58

Può accedere che un soggetto affetto da una delle patologie previste dalla Legge 210/1992, accerti di essere affetto anche da una ulteriore e distinta patologia tra quelle elencate nella medesima legge. In tal caso si può inoltrare l'apposita domanda per il riconoscimento della doppia patologia (art. 2, comma 7, Legge 210/92). Con il riconoscimento di tale situazione, si ha diritto ad un Indennizzo aggiuntivo non superiore al 50 per cento di quello previsto dalla Legge 210/1992 per le persone danneggiate. Con decreto del Sottosegretario di Stato del Ministero della sanità del 10 giugno 1997, è stato disposto che in caso di riconoscimento di doppia patologia al danneggiato spetterà per intero l’indennizzo corrispondente alla patologia ascritta alla categoria di danno superiore, oltre al 50% dell’indennizzo corrispondente alla patologia ascritta alla categoria di danno inferiore.

AGGRAVAMENTO DELL’INFERMITA’ E DELLE LESIONI

02.08.2012 20:56

Coloro che godono dei benefici previsti dalla Legge 210/1992, nel corso della propria esistenza ed a causa del decorso naturale della patologia che li affligge possono assistere al peggioramento del proprio stato di salute.

L’aggravarsi della malattia o il manifestarsi di patologie ad essa connesse possono, infatti, aggravare ulteriormente le condizioni di salute dei malati. Nel caso in cui ciò si verifichi, i beneficiari della Legge 210/1992 possono rivolgersi alle autorità competenti per il riconoscimento di tali sopravvenute condizioni.

L’art. 6 della Legge 210/92 prevede infatti la possibilità, ove ne ricorrano i presupposti, di presentare domanda per il riconoscimento di aggravamento delle infermità o delle lesioni.

La domanda di revisione deve essere presentata al Ministro della Salute entro sei mesi dalla data di conoscenza della nuova situazione clinica. Per il giudizio sull'aggravamento si osserva la medesima procedura che si applica per il riconoscimento dell'indennizzo di cui alla L. 210/92.

Spesso ottenere il riconoscimento di aggravamento della patologia dalla quale si è affetti è difficile e snervante poiché non si è supportati da una valida squadra di medici e legali, per tale motivo è bene affidarsi a coloro che nel corso della propria attività lavorativa hanno maturato esperienza e capacità specifiche nel settore.

AVENTI DIRITTO ED EREDI DEL BENEFICIARIO

27.07.2012 09:38

Qualora a causa delle vaccinazioni o delle patologie irreversibili previste dalla legge 210/1992 sia derivata la morte del soggetto titolare dei benefici previsti dalla predetta legge, l’AVENTE DIRITTO, cioè il coniuge, i figli, i genitori, i fratelli minorenni, i fratelli maggiorenni del beneficiario, ha diritto ad avere un ristoro economico per la perdita subita.

Tali soggetti hanno la possibilità, nel termine prescrizionale di 10 anni dal decesso del loro caro, di presentare specifica domanda per ottenere un assegno una tantum dell’importo di € 77.468,53 oppure, in alternativa, un assegno reversibile che verrà pagato per quindici anni.

Nel caso in cui il soggetto che aveva presentato domanda per ottenere i benefici previsti dalla Legge 210/1992 viene a mancare successivamente alla presentazione della domanda ma prima che l’iter si sia concluso e sia stato erogato l’indennizzo, agli EREDI compete la quota ereditaria, testamentaria o legittima, delle rate di indennizzo maturate dalla data di presentazione della domanda al giorno della morte (compreso) del danneggiato. La fase istruttoria della pratica proseguirà con le modalità previste dalla Legge 210/1992.

Aver perso una persona cara a causa di una grave malattia è un evento doloroso, ma non per questo bisogna rinunciare ai propri diritti, poiché tali emolumenti sono anche simbolicamente un ristoro per la perdita subita, affidatevi ad un professionista con competenza ed esperienza nella materia affinché vi guidi nell'iter che vi porterà ad avere un congruo ristoro economico.

 

TUTELA DEL CONIUGE E DEI FIGLI

27.07.2012 09:36

Purtroppo accade spesso che solo dopo molti anni si scopra di essere stati contagiati, per i motivi più disparati, dal virus dell'HCV o dell'HBV.

Non conoscendo pertanto la propria condizione di salute, molte persone contagiano involontariamente il proprio coniuge, nonché i figli durante la gestazione.

E' di tutta evidenza che tale contagio, seppur involontario, provoca delle conseguenze gravissime sullo stato di salute dei propri cari, ma anche sullo stato emotivo di colui che involontariamente ha veicolato il terribile virus.

Proprio perché le conseguenze sono devastanti, lo Stato, con la Legge 210/1992, ha cercato di tutelare anche questi soggetti.

Infatti, persone che risultino contagiate da epatite virale o da HIV dal proprio coniuge che è soggetto appartenente ad una delle categorie previste dalla Legge 210/1992 (soggetto malato di epatite virale o HIV a causa di somministrazione di sangue o suoi derivati, soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, operatori sanitari contagiati da epatite virale o HIV in occasione  e durante il servizio) al quale sia già stato riconosciuto il diritto ai benefici previsti dalla legge 210/92, nonché il figlio contagiato durante la gestazione, hanno diritto anch’essi ad ottenere i benefici previsti dalla legge 210/1992.

Pertanto, per chi ha subito un contagio, la possibilità di tutela si estende anche al coniuge ed alla prole a loro volta contagiati, non fermatevi, quindi, chiedete aiuto a professionisti competenti che sapranno tutelare i vostri diritti e quelli dei vostri cari.

Trasfusione di sangue o di emoderivati

27.07.2012 09:33

I malati di Epatite B o Epatite C  possono aver contratto la malattia a causa di trasfusione di sangue o di emoderivati.

Il sangue ed i suoi derivati infatti, possono veicolari virus.

I centri di raccolta sangue quindi, prima di ricevere il sangue da un donatore, sono tenute ad accertare che il soggetto sia sano, non sia cioè affetto da epatite virale.

Nel caso in cui non siano stati effettuati i controlli sullo stato di salute del donatore e quest’ultimo sia malato, colui che riceve il sangue o gli emoderivati tramite trasfusione può essere contagiato.

Se nella vita di un epatopatico si è verificata una emotrasfusione, fatto che può essersi verificato anche parecchi decenni prima della scoperta della malattia, molto probabilmente proprio la emotrasfusione è la causa della patologia epatica insorta.

Lo Studio di Epatologia Legale è in grado di analizzare le condizioni di salute dell’epatopatico e la sua storia medica proprio al fine di individuare la causa del contagio.

Nel caso in cui la patologia derivi da emotrasfusione ed esistano i presupposti di legge, il nostro Studio è in grado di tutelare i diritti del malato: potrà procedere infatti ad inoltrare domanda per ottenere i benefici previsti dalla Legge 210/1992 presso la Asl competente e potrà promuovere presso il Tribunale territorialmente competente azione di risarcimento danni per ottenere il ristoro di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dal malato.

INFORTUNIO SUL LAVORO E CONSEGUENTE CONTAGIO DA HCV ED HBV

24.07.2012 22:15

L'operatore sanitario proprio per la delicatezza dei compiti affidatigli nello svolgimento delle proprie mansioni lavorative e per gli ambienti in cui si trova ad operare, è spesso esposto al rischio di contagio.

Il datore di lavoro ha l'obbligo giuridico di apprestare tutte le cautele necessarie al fine di tutelare la salute e l'integrità dei propri dipendenti all'interno del posto di lavoro e nello svolgimento delle mansioni lavorative.

Quando questo non avviene, con l'aiuto di un professionista di fiducia, potrete far valere i vostri diritti ed ottenere le tutele predisposte dall'ordinamento in ordine ad indennizzi inail ed, ove la condotta del datore di lavoro si risolva in un comportamento gravemente illegittimo, chiedendo, presso le sedi giudiziarie competenti, il risarcimento dei danni subiti.

Nel caso di contagio da HCV e da HBV, per l’operatore della Sanità possono porsi i seguenti problemi: conservazione del lavoro, prosecuzione del proprio incarico e conservazione delle proprie mansioni.

La suprema Corte di Cassazione ha chiarito il seguente principio: il datore di lavoro soggiace all'obbligo di "inibire al lavoratore affetto da malattia contagiosa la prosecuzione della propria attività, ma ha il diritto di risolvere immediatamente il rapporto solo se lo stato patologico contagioso è destinato ad essere permanente, ovvero a prolungarsi oltre il periodo di comporto, e sempre che non sia possibile adibire il lavoratore a mansioni diverse o all'espletamento delle stesse mansioni con modalità diverse anche spaziali, tali da non costituire un pericolo di contagio" Cass. Civ., Sez. Lav. Sentenza del 06/08/2002 n. 11798.

In base a tale obbligo, ove il lavoratore "malato" per la natura delle sue condizioni non possa più svolgere la propria attività lavorativa con le modalità in precedenza seguite, il datore dovrà provvedere al duplice fine di non arrecare un pregiudizio al terzo e mantenere in organico il lavoratore.

Il datore quindi, in primis, dovrà valutare una diversa modalità di svolgimento delle mansioni fino a quel momento eseguite, senza, in ogni caso, essere costretto a stravolgere la struttura aziendale, ove ciò non sia possibile, dovrà offrire al lavoratore mansioni diverse.

Sebbene quanto sopra, non raramente il personale sanitario (medici, infermieri) con infezione da HBV o HCV viene rimosso d’autorità dalle attività cliniche, e destinato ad incarichi amministrativi, allo scopo di evitare il contatto con i pazienti.

Questa modifica del giudizio di idoneità del lavoratore alla mansione specifica è particolarmente frequente in caso di personale che effettui procedure chirurgiche o comunque invasive (chirurghi, ginecologi, medici di Pronto Soccorso, personale di sala operatoria, ecc), ed è motivato dalla necessità di evitare qualunque rischio di trasmissione di virus epatitici dal lavoratore ai pazienti.

Infatti il D. Lgs. 626/94 prevede che il lavoratore si prenda cura non solo della propria sicurezza e della propria salute, ma anche di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui possono ricadere gli effetti delle sue azioni o omissioni.

Se in molti casi queste misura appaiono giustificate dalla necessità di tutelare la salute dei pazienti, in altri casi sembra che esse vengano applicate con eccessiva rigidità, e vengono pertanto vissute dall’operatore sanitario come un' ingiustizia o come un demansionamento. Tra l’altro, le segnalazioni esistenti in letteratura circa la trasmissione di virus da lavoratore infetto a paziente sono molto rare.

Lo Studio di Epatologia Legale ha esaminato ripetutamente questi problemi ed è in grado di fornire pareri o dare assistenza epatologico legale a lavoratori della Sanità che si trovino in tali condizioni, gli operatori sanitari infatti non devono temere di denunciare tali infortuni perché la normativa vigente tutela la conservazione del posto di lavoro e garantisce un ristoro economico per il danno eventualmente subito.

MOBBING ED EMARGINAZIONE CAUSATI DA CONTAGIO DA HBV O DA HCV

24.07.2012 22:10

Il mobbing è un concetto giuridico di recente introduzione, che definisce un insieme di comportamenti, scorretti ed illegali, posti in essere da un datore di lavoro nei confronti di un dipendente. Invero, la condotta di mobbing può essere attuata anche da superiori (non datori di lavoro) o da colleghi, trattandosi di un insieme di condotte mirate a ‘vessare’ ingiustamente una persona sul luogo di lavoro.  Il mobbing oggi viene riconosciuto come vera e propria fonte di malattia professionale, grazie anche alla Sentenza della Corte Costituzionale  n. 179/1988 ed al Decreto Legislativo n. 38/2000 (art. 10 comma 4), in base alla quale devono essere considerate malattie professionali non solo quelle elencate nelle apposite tabelle di legge ma tutte quelle di cui sia dimostrata e dimostrabile come unica causa l’attività lavorativa svolta.

Per poter parlare di comportamenti mobbizzanti, dovranno essere posti in essere una serie di situazioni di "costrittività organizzativa".

In tal senso l’Inail con circolare del 17/12/2003 n. 71, ha provveduto a stilare un elenco di tali situazioni che riveste un imprescindibile valore orientativo e che comprende situazioni quali la marginalizzazione dell'attività lavorativa, lo svuotamento delle mansioni, la mancata assegnazione dei compiti lavorativi con inattività forzata ecc. Sono comunque esclusi, sempre secondo l'indicazione di detta circolare, i fattori organizzativi/gestionali legati al normale svolgimento del rapporto di lavoro e le situazioni indotte dalle dinamiche psicologico-relazionali comuni sia agli ambienti di lavoro che a quelli di vita.

E' evidente, come in ambiti specifici come quello ospedaliero, per il personale affetto da HCV o HBV la legge stessa prescriva per la tutela del terzo e dell'ambiente lavorativo particolari accortezze anche in ordine al corretto svolgimento di mansioni che possono richiedere modalità di svolgimento diverso proprio in presenza di un fattore di rischio. Per tale motivo sarà bene scindere l'aspetto di necessaria tutela da quello vessatorio. In tali particolari fattispecie, infatti, ben potrebbe il lavoratore vivere una nuova e diversa situazione lavorativa come vessatoria quando in realtà elemento primario imprescindibile perchè si possa parlare di mobbing è il comportamento "illegittimo", assente ove i comportamenti adottati abbiano esclusiva finalità di tutela, quindi è necessario indagare sulla volontà che sorregge alcuni comportamenti.

Ove comunque il comportamento mobbizzante venga effettivamente posto in essere, e vi sia stata una sentenza accertativa della predetta situazione, il lavoratore avrà diritto non solo al risarcimento del danno, ma, nel caso in cui il comportamento mobbizzante abbia prodotto una malattia, il riconoscimento da parte dell’Inail di malattia professionale e la conseguente erogazione delle prestazioni economiche dovute.

Lo studio di Epatologia Legale Vi aiuterà ad individuare eventuali condotte mobbizzanti oltre ai soggetti responsabili al fine di ottenere la giusta tutela dei vostri diritti oltre al risarcimento degli eventuali danni subiti.

Contagio causato da siringhe di vetro non sterilizzate

24.07.2012 22:00

Negli anni 2006/2008 la scienza medica nazionale ed internazionale accerta e proclama l’esistenza del nesso di causalità tra l’utilizzo di siringhe di vetro non sterilizzate e patologie croniche.

L’assenza di adeguate procedure di sterilizzazione che avrebbero reso inattivi i virus a trasmissione parenterale è stata causa di vere e proprie epidemie.

Esistono lavoratori ai quali, per ordine del datore di lavoro, venivano eseguite vaccinazioni.

Le vaccinazioni avvenivano con siringhe di vetro non opportunamente sterilizzate. Spesso questi stessi lavoratori possiedono libretti personali sui quali venivano annotate le vaccinazioni obbligatoriamente eseguite.

Ove sussistano i presupposti di legge, è possibile agire nei confronti del datore che, con il proprio comportamento, ha causato l’insorgere di patologie croniche

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