INFORTUNIO SUL LAVORO E CONSEGUENTE CONTAGIO DA HCV ED HBV

24.07.2012 22:15

L'operatore sanitario proprio per la delicatezza dei compiti affidatigli nello svolgimento delle proprie mansioni lavorative e per gli ambienti in cui si trova ad operare, è spesso esposto al rischio di contagio.

Il datore di lavoro ha l'obbligo giuridico di apprestare tutte le cautele necessarie al fine di tutelare la salute e l'integrità dei propri dipendenti all'interno del posto di lavoro e nello svolgimento delle mansioni lavorative.

Quando questo non avviene, con l'aiuto di un professionista di fiducia, potrete far valere i vostri diritti ed ottenere le tutele predisposte dall'ordinamento in ordine ad indennizzi inail ed, ove la condotta del datore di lavoro si risolva in un comportamento gravemente illegittimo, chiedendo, presso le sedi giudiziarie competenti, il risarcimento dei danni subiti.

Nel caso di contagio da HCV e da HBV, per l’operatore della Sanità possono porsi i seguenti problemi: conservazione del lavoro, prosecuzione del proprio incarico e conservazione delle proprie mansioni.

La suprema Corte di Cassazione ha chiarito il seguente principio: il datore di lavoro soggiace all'obbligo di "inibire al lavoratore affetto da malattia contagiosa la prosecuzione della propria attività, ma ha il diritto di risolvere immediatamente il rapporto solo se lo stato patologico contagioso è destinato ad essere permanente, ovvero a prolungarsi oltre il periodo di comporto, e sempre che non sia possibile adibire il lavoratore a mansioni diverse o all'espletamento delle stesse mansioni con modalità diverse anche spaziali, tali da non costituire un pericolo di contagio" Cass. Civ., Sez. Lav. Sentenza del 06/08/2002 n. 11798.

In base a tale obbligo, ove il lavoratore "malato" per la natura delle sue condizioni non possa più svolgere la propria attività lavorativa con le modalità in precedenza seguite, il datore dovrà provvedere al duplice fine di non arrecare un pregiudizio al terzo e mantenere in organico il lavoratore.

Il datore quindi, in primis, dovrà valutare una diversa modalità di svolgimento delle mansioni fino a quel momento eseguite, senza, in ogni caso, essere costretto a stravolgere la struttura aziendale, ove ciò non sia possibile, dovrà offrire al lavoratore mansioni diverse.

Sebbene quanto sopra, non raramente il personale sanitario (medici, infermieri) con infezione da HBV o HCV viene rimosso d’autorità dalle attività cliniche, e destinato ad incarichi amministrativi, allo scopo di evitare il contatto con i pazienti.

Questa modifica del giudizio di idoneità del lavoratore alla mansione specifica è particolarmente frequente in caso di personale che effettui procedure chirurgiche o comunque invasive (chirurghi, ginecologi, medici di Pronto Soccorso, personale di sala operatoria, ecc), ed è motivato dalla necessità di evitare qualunque rischio di trasmissione di virus epatitici dal lavoratore ai pazienti.

Infatti il D. Lgs. 626/94 prevede che il lavoratore si prenda cura non solo della propria sicurezza e della propria salute, ma anche di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui possono ricadere gli effetti delle sue azioni o omissioni.

Se in molti casi queste misura appaiono giustificate dalla necessità di tutelare la salute dei pazienti, in altri casi sembra che esse vengano applicate con eccessiva rigidità, e vengono pertanto vissute dall’operatore sanitario come un' ingiustizia o come un demansionamento. Tra l’altro, le segnalazioni esistenti in letteratura circa la trasmissione di virus da lavoratore infetto a paziente sono molto rare.

Lo Studio di Epatologia Legale ha esaminato ripetutamente questi problemi ed è in grado di fornire pareri o dare assistenza epatologico legale a lavoratori della Sanità che si trovino in tali condizioni, gli operatori sanitari infatti non devono temere di denunciare tali infortuni perché la normativa vigente tutela la conservazione del posto di lavoro e garantisce un ristoro economico per il danno eventualmente subito.